Il rifacimento della pista da bob di Cortina d’Ampezzo Eugenio Monti è l’emblema di queste Olimpiadi “sostenibili”. La questione della costruzione dell’impianto minia le traballanti basi sulle quali si dichiaravano sostenibili i giochi di Milano-Cortina 2026. È stata costruita nel 1923, e ristrutturata più volte fino alla chiusura definitiva nel 2008. A quella data, in Italia funzionava ancora l’impianto di Cesana, in Piemonte, realizzato ex novo al costo di 110 milioni di euro per i Giochi di Torino 2006 e chiuso nel 2011.
Le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 sono davvero sostenibili?
A quasi quattro anni dall’aggiudicazione delle Olimpiadi invernali 2026 a Milano e Cortina, le analisi parlano chiaro. Possiamo affermare che quelli che dovevano essere, come riportato nel dossier di candidatura, “i Giochi invernali più sostenibili e memorabili di sempre, fonte di ispirazione per cambiare la vita delle generazioni future” non lo sono. I fatti li smentiscono.
Le Olimpiadi sono da sempre un’occasione per affermare il valore dello sport come strumento di pace e di dialogo tra popoli e culture. Tuttavia, il Club Alpino Italiano, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness, Pro Natura, Touring Club Italiano e WWF osservano qualcosa di molto importante. Ovvero, che se non vengono progettate e realizzate sostenibilmente, possono al contrario avere un impatto negativo su aree fragili. Tra queste, ovviamente, le montagne. Viste le enormi infrastrutture di cui necessitano, le Olimpiadi spesso causano un ulteriore consumo di suolo. E non solo: questo è accompagnato da aumenti ingiustificati della spesa pubblica, peggioramento della qualità dell’ambiente, del paesaggio e della vita degli abitanti.

I Governi degli anni seguenti all’assegnazione hanno scelto di procedere al commissariato delle opere. E questo, adottando la “clausola PNRR” per velocizzare gli iter. Ciò implica di non effettuare una Valutazione Ambientale Strategica Nazionale, nonostante le richieste, invano, da parte delle associazioni di protezione ambientale. Inoltre, la clausola permette di evitare le procedure di Valutazione di Incidenza Ambientale per gli interventi nei siti Natura 2000.
Queste decisioni confermano il fatto che le prossime Olimpiadi rischiano di essere sostenibili solo a parole. I ritardi poi nella progettazione, nell’apertura dei cantieri e nella realizzazione delle opere, fino a ora lamentati, non sono certamente imputabili alle associazioni stesse.
La pista da bob di Cortina d’Ampezzo “Eugenio Monti”
Che la pista da bob non sia una grande necessità per lo svolgimento delle Olimpiadi, lo confermano una serie di fatti.
Tra bob, slittino e skeleton nel nostro Paese sono un’ottantina circa gli atleti iscritti alla Federazione Italiana Sport Invernali (FISI) abilitati a gareggiare, i costi di realizzazione sono cresciuti nel tempo, partendo da 50 milioni di euro previsti e arrivando a 120 milioni. In più, la storia della vecchia pista di Cortina e di quella più recente di Cesana insegna che i costi di gestione post evento sono insostenibili e che il nuovo impianto è destinato a chiudere in breve tempo.
Non sono da dimenticare i costi ambientali della pista: la deforestazione (20mila mq con l’abbattimento di 200 larici storici secondo le dichiarazioni, ma oltre 25mila mq a un attento esame del progetto definitivo, cosa che richiede quindi una Valutazione d’Impatto Ambientale); il prelievo di acqua dall’acquedotto comunale (oltre 3.000 metri cubi) per la formazione del ghiaccio in un territorio già sofferente dal punto di vista idrico; l’impiego di sostanze chimiche necessarie alla refrigerazione; e l’azione sul paesaggio che verrà modificato per l’imponenza e le caratteristiche della nuova struttura.

Per finire, al Comitato Internazionale Olimpico (CIO) interessa solo che ci sia una struttura idonea per le gare, non necessariamente “nuova” o localizzata in Italia. Non dimentichiamo il precedente delle Olimpiadi di Squaw Valley, nel 1960, quando il CIO stesso prese atto della decisione degli statunitensi di non costruire la pista da bob perché eccessivamente costosa sia nella realizzazione sia nel mantenimento.
Le associazioni di protezione ambientale sulle Olimpiadi 2026
Le associazioni non hanno mai avuto modo di confrontarsi, di dialogare o di esprimere la propria opinione su questo tema e su quello più generale di come garantire la sostenibilità dei Giochi. Per questo motivo, le associazioni di protezione ambientale sostengono con convinzione il ricorso al Tar del Lazio contro il Commissario Straordinario del Governo, la società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa (SIMICO), il Ministero della Cultura, la Regione Veneto, il Comune di Cortina e altri soggetti intrapreso da Italia Nostra, legittimata a ricorrere in giudizio per interessi ambientali e culturali, contro il nuovo progetto della pista da bob di Cortina.