I due modelli di Brazz pad tripli, Turchessa e Oberland, sono composti da tre strati studiati per assorbire e dissipare al meglio l’energia della caduta, con possibilità di proteggere il boulderista dall’impatto con corpi estranei nel terreno (sassi, rami, asperità). In un certo si può dire che siano “tripli al quadrato” perché oltre alle ante che si chiudono ottimizzando al meglio la grande superficie per il trasporto, a farsi in 3 è anche la miscela interna, ad altissime prestazioni.
La leggerezza, l’ergonomia e l’affidabilità sono le caratteristiche principali di questi modelli, con un’attenzione particolare alle esigenze fisiche di ogni atleta. Tra tutti i modelli di BrazzPad i tripli Turchessa e Oberland sono i più comodi e versatili per il trasporto in spalla e in auto.

A completare il quadro è la pecorella-zerbino che permette di pulire al meglio le scarpette prima di affrontare la roccia e la finitura dei dettagli delle cuciture della sacca che, grazie alle bordature interne, garantisce una resistenza maggiore agli strappi e all’usura. Ancora una volta, la pecorella Brazz vuole essere uno stimolo alla collaborazione, al pensiero divergente e, soprattutto, alla condivisione etica della passione per l’arrampicata.
La Brazz Company: il valore del made in Italy
La Brazz Company nasce dalla voglia di dimostrare che il prodotto made in Italy può essere un valore aggiunto al mondo dell’arrampicata sportiva. I prodotti del brand hanno origine, infatti, da un infinito amore per il bouldering e per il lavoro artigianale di un gruppo di ragazzi che, nel 2021, ha deciso di creare una realtà produttiva originale in un territorio con una storia artigianale centenaria dedicata alla creazione del cappello e dell’accessorio.

Ne abbiamo parlato con Raffaele Mattii, product specialist, e Mattia Antinori, sales manager.
Come nasce Brazz e quali sono i suoi valori?
Brazz, come concetto, nasce nel 2018, da un gruppo di boulderisti accaniti: siamo andati a Fontainebleau in Francia insieme e lì abbiamo scoperto una passione che ci legava in maniera indissolubile. Brazz non significa nulla: abbiamo iniziato a dirlo quando uno di noi diceva qualcosa di divertente, una sorta di inside joke. Dopo quel viaggio, ci siamo uniti ancora di più. Due anni dopo quel viaggio, abbiamo deciso di realizzare il nostro primo crash pad perché non ne trovavamo in giro della qualità che volevamo noi. Tutti insieme ovviamente, perché Brazz vuol dire comunità.
Dove siete di preciso?
Noi siamo a Montappone, un piccolo paesino marchigiano famoso per la produzione del cappello. Io (Mattia, ndr) sono la terza generazione di un cappellificio storico che ho ereditato nel 2019 con mio fratello. Con Raffaele abbiamo approfittato di questa esperienza manifatturiera proprio per incominciare a costruire il nostro sogno, Brazz. Abbiamo realizzato qui i primi prototipi: l’idea di base era creare una società che unisse materie prime alla conoscenza manifatturiera dell’azienda già esistente. Ora ci siamo allargati: il laboratorio ha un’ala completamente nuova con utensili e macchinari all’avanguardia e un nuovo capannone dove svolgiamo il lavoro di riciclo gomme, iniziativa di cui andiamo molto fieri. Con tutta quella gommapiuma, abbiamo iniziato anche a lavorare per le palestre e realizzare i materassi/big mats.
Cosa significa per voi made in Brazz?
Siamo cresciuti in una realtà manifatturiera, quindi tendiamo ad associare tutto quello che facciamo alla nostra artigianalità. Mi rendo conto però che non è scontata questa cosa. In tanti professano il made in Italy ma sono in pochi a crederci per davvero. “Made in Brazz” vuol dire che tutto quello che vendiamo, viene ideato e poi realizzato dalle nostre mani, nel nostro laboratorio.
Perché la pecora nera come logo?
Il mondo dell’arrampicata è sempre stato caratterizzato da animali forti e seri: l’orso, l’aquila, il ragno. La pecora invece rimane innocua, simpatica, ironica e amichevole. Una pecora nera perché il climber, fino a dieci anni fa, era un outsider della società: l’arrampicata era una disciplina di nicchia, non molto popolare.
Quali sono i punti cardine sui quali insistete sin dalla nascita?
Senza dubbio creatività e comunità.
Qual è il vostro prodotto di punta e come amplierete il vostro catalogo?
Il crash pad Cormo è uno dei più venduti: si tratta di un pad 120x100x13 cm, molto leggero e comodo, ideale sia per gli arrampicatori esperti che per i neofiti. Per i cappelli, invece, vendiamo molto bene il bucket hat: è un prodotto singolare nel mondo dell’arrampicata. Abbiamo tantissime idee, tutte coerenti con il nostro progetto. Vogliamo però andare piano, è un mercato complesso e fare il passo più lungo della gamba non avrebbe senso.
Presenziate agli eventi di arrampicata?
Ovviamente sì, rappresentano a pieno il nostro spirito di comunità. Cerchiamo di coprirne il più possibile: solamente con un furgone l’anno scorso abbiamo fatto 70.000 km. Siamo andati a tutti gli street boulder che ci hanno contattato, da nord a sud; poi siamo stati al MelloBlocco, a Scorace in Sicilia, Finale For Nepal, Frasassi Climbing Festival, Valle Orco. Insomma, ci divertiamo molto ai festival e vogliamo esserci.
Avete degli ambassador?
Sì, e ci teniamo tantissimo. Per me sono importanti per far capire alle persone quanto amiamo il boulder outdoor. Tra questi ci sono Elias Iagnemma, Simone Tentori, Giulia Medici, Miriam Fogu, Alessandro Palma e Siara Fabbri. Abbiamo veramente un bel team: ci stimano e noi stimiamo loro. Molto importante per noi sono i loro feedback sui nostri prodotti, sinceri e veri; solo così possiamo migliorare.