Da sempre Sport Press mette in primo piano le esigenze dei negozianti. I retailer, infatti, rappresentano l’anello fondamentale della filiera distributiva e proprio per questo è importante raccogliere il loro punto di vista, ascoltarne le richieste e considerarne i bisogni.
Nei prossimi numeri di Outdoor Magazine pubblicheremo la nostra consueta inchiesta annuale, la “Carica dei 101”, dove realizziamo una vera e propria indagine di mercato a 360 gradi: bilancio dell’annata appena conclusa e prospettive per quella in arrivo, novità, trend, problematiche, opportunità, proposte.
Ma nel frattempo pubblichiamo una lettera molto significativa ricevuta dal negozio “Tutto per lo sport polare” di via Cesare Correnti, a Milano, con la quale la titolare Stefania Delprete si rivolge principalmente ai colleghi in tutta Italia, portando alla luce una problematica che si protrae ormai da oltre due anni: le consegne arrivano in forte ritardo, spesso in pieno periodo di saldi e male assortite, se non insufficienti rispetto a quanto ordinato e a soddisfare quindi le richieste della clientela.
Stefania invita i colleghi a reagire a questa situazione che, se in pieno periodo pandemico era giustificata, ora risulta essere “viziata” e portata avanti da alcune aziende con perseveranza, per ridurre al minimo il rischio di impresa riversando sui retailer i conseguenti disagi.
La lettera di “Tutto per lo sport polare”
Cari colleghi negozianti,
non so come sta andando a voi, ma io sto impazzendo per le consegne.
La merce che ho ordinato con parecchi mesi di anticipo non arriva o arriva male assortita. Per alcuni articoli si parla di date più vicine alla primavera che all’inverno, il che mi porta alla spasmodica ricerca di alternative possibili e disponibili. Ovvio che mi devo accontentare di prodotti diversi da quelli che avevo scelto.
Perché diciamolo, se non abbiamo merce da vendere non copriamo nemmeno le spese. E di spese ce ne sono tante.
Tra l’altro, non so voi, ma io vorrei anche guadagnare qualcosa, penso di meritarmelo.
A fronte di questo “fantastico” servizio, le aziende mi stanno chiedendo di fare ordini sempre più anticipati per poter garantire il rispetto delle date di consegna. Ordini che dovrei fare prima di Natale, quindi prima di avere venduto e a volte anche prima di avere ricevuto l’ordinato di questa stagione.
Di recente mi hanno proposto un appuntamento per il 17 dicembre, cioè una settimana prima di Natale dovrei avere il tempo (e i dati) per effettuare un ordine. Ma quale mente malata e menefreghista può partorire una proposta del genere? Da dove nasce l’idea perversa che io debba fare un simile salto nel buio e tra l’altro non essere presente in negozio nel momento dell’anno di maggiore afflusso di clienti?
Ogni volta è peggio e mi pare che poi alla fine non cambi niente. Di fatto, se il problema sono i vari lockdown delle fabbriche, il blocco dei porti, i cinesi che decidono di produrre per sé stessi e poi per l’estero, ecc., stiamo parlando di una situazione imprevedibile. Il fatto che io ordini a novembre per porvi rimedio conta quanto un due di briscola.
La mia impressione è che le aziende ci marcino e che abbiano trovato il modo per vivere comodi scaricando in toto il rischio di impresa sui negozianti.
Nell’immediato post Covid ci siamo rassegnati, adeguati e adattati a ritirare la merce così come arrivava, perché l’alternativa era quella di non avere nulla in negozio.
Pile a giugno e t-shirt a luglio, scarpe con numerate scandalose, due pezzi oggi e il resto chissà…Ci siamo fatti andare bene tutto perché l’alternativa era il nulla.
E di sconti per ritardata consegna neanche a parlarne, se la merce arriva in periodo di saldi e sono affari nostri.
Questo giochino alle aziende è piaciuto un sacco e vorrebbero continuare a praticarlo, io invece mi sono stancata e vorrei ribaltare le carte in tavola.
Scrivo a voi colleghi nella convinzione che ognuno di voi riconosca la sua realtà nelle mie parole e perché secondo me è ora di tirare su la testa e ristabilire i ruoli.
Noi siamo per le aziende quello che è per noi il cliente e meritiamo lo stesso riguardo e rispetto.
Viviamo grazie alla nostra clientela, loro prosperano grazie a noi. Se lavoriamo in sinergia e nel rispetto delle reciproche realtà lavoriamo bene tutti, ma qui la bilancia pende tutta da una parte.
Il cliente finale non si accontenta, spende i suoi soldi solo se trova quello che vuole quando ne ha bisogno, perché non dovremmo farlo anche noi? Anche noi paghiamo, anche noi siamo clienti e nessuno ci regala niente.
Quindi la mia proposta è quella di riprenderci la dignità che meritiamo, smettendola di chinare la testa a fronte dei diktat dei nostri fornitori.
Se ci propongono ordini a dicembre, diciamo di no.
Se minacciano di non garantire la consegna dei prodotti, facciamo presente che ci stanno raccontando la stessa storia da due anni e sono due anni che consegnano a caso.
Se dobbiamo correre dei rischi, decidiamo noi quali rischi correre.
Non lasciamoci manipolare.qui
Dobbiamo assumerci impegni economici per migliaia di euro, quindi decidiamo noi e non lasciamo che siano altri a decidere al posto nostro.
Lo so, siamo come Davide di fronte a Golia, ma Davide ha avuto coraggio e Golia è stato sconfitto.
Stefania
Coloro che volessero rispondere alla lettera possono scrivere a redazione@outdoormag.it