Cambiamento climatico e progressiva diminuzione della neve sulle montagne italiane: i dati del rapporto Nevediversa 2021, confermano un necessario cambio di rotta
Il rialzo delle temperature sta interessando sempre più il nostro pianeta e l’Italia, con tutto il suo territorio, si trova al centro di quello che gli scienziati considerano un “hot spot” del cambiamento climatico.
Una trasformazione che vede già coinvolte le Alpi i cui ghiacciai si stanno sciogliendo a una velocità sempre maggiore: proprio in quota gli esperti hanno stimato per il 2050 un aumento di temperatura tra i 2 e i 3°C.
La campagna Nevediversa 2021, promossa ogni anno da Legambiente e alla sua quarta edizione, ha voluto porre sotto la lente di ingrandimento “lo stato di salute dello sci alpino e gli ingenti costi ambientali ed economici sostenuti per contrastare, gli effetti dei cambiamenti climatici”.
L’invito è quello di cogliere l’opportunità che la stagione sciistica mai iniziata ha offerto, ovvero un ripensamento globale del concetto di turismo invernale, ancora esclusivamente radicato sulla pratica dello sci alpino.
Temperature in aumento
Nel 2019 l’IPCC ha affermato che, se non dovesse avvenire un immediato e repentino cambio di rotta, la prospettiva sarebbe una diminuzione delle risorse idriche conseguente all’incessante scioglimento di neve, ghiacciai e permafrost.
Nelle aree montane la prospettiva per il 2035 è di una riduzione del 15/20% dei giorni in cui la temperatura scende al di sotto di 0°C, che proseguirà con un mese nel 2050 sino a due mesi entro il 2100.
Inoltre per il 2050, si stima la salita dello zero termico di 300m di altitudine, passando nella stagione estiva dagli odierni 3.800 metri a 4.100 metri.

Un’ulteriore dimostrazione di queste tesi sono gli inverni sempre più corti, e dunque la sempre minor presenza di giornate con neve al suolo, oltre agli anomali fenomeni climatici avvengono con maggiore frequenza.

La prospettiva dello sci
In un anno come quello appena trascorso, complice il Covid e le decisioni che ne sono conseguite, l’intero comparto montagna ha subito un danno ai limiti dell’irreparabile; la campagna Nevediversa pone l’accento sull’esigenza di mettere in atto strategie di adattamento al cambiamento climatico in corso.
La ricerca, che ha preso in esame sia le Alpi che gli Appennini, sottolinea come la collocazione degli impianti di risalita sia destinata a subire delle modifiche nell’arco di pochi anni, cambiando in modo tangibile i panorami di cui oggi siamo abituati a godere.
Secondo Legambiente è necessario quindi un ripensamento complessivo dell’offerta turistica, volto alla “rinaturalizzazione di ambienti fortemente artificializzati e al recupero di un rapporto più equilibrato con la natura”, con conseguenti perdite economiche inestimabili che coinvolgerebbero tutto i settori legati alla stagione invernale
Inoltre l’IPCC riporta che, tra il 2081 e il 2100, nella maggior parte delle stazioni sciistiche nelle Alpi, sui Pirenei, in Scandinavia, in Nord America e in Giappone “l’affidabilità della neve sarà insostenibile”.
I dati delle piste italiane

Con i suoi 5.786 km di piste esistenti, 290 comprensori sciistici serviti da 1.743 impianti di risalita, le montagne italiane registrano tra 25 e i 30 milioni di presenza annue, che si mantengono costanti.
I dati registrati nella stagione 19/20 e comparati con quelli della precedente, rivelano che a calare è invece la vendita di skipass plurigiornalieri e/o settimanali con il -8,7% per lo sci alpino e il -11,10% per lo snowboard. Cifre che confermano anche quanto riportato dall’evento digitale di Skipass, svoltosi lo scorso ottobre, ovvero una leggera contrazione della pratica di sci alpino e snowboard a favore di un leggero incremento dello sci di fondo (+2,20%) e di un’importante crescita verso il trekking invernale praticato con le ciaspole (+8,90%).

Trovate l’articolo integrale sul n. 3 di Outdoor Magazine.