Ci sono giornate in cui tutto combacia, tutto gira come deve girare e tutti gli ingredienti sono mischiati insieme per far venire fuori una torta come una bomba.
Queste le parole riportate qualche giorno fa sulla pagina Facebook del “Cala” al termine di una delle tante sciate stratosferiche sulle montagne di casa. Ieri, purtroppo, non è andata così. E a tradirlo sono state proprio le montagne che tanto amava e che, nonostante i viaggi in giro per il mondo, portava sempre nel cuore.
Lunedì 7 febbraio Carlalberto “Cala” Cimenti è rimasto coinvolto in una valanga sotto cui ha perso la vita insieme all’amico Patrick Negro. Tra pochi giorni, il 14 febbraio, avrebbe compiuto 46 anni. Ci chiediamo come avrebbe festeggiato… Sicuramente insieme alla moglie Erika, che adorava e sempre presente sui suoi canali social, sciando, arrampicando o facendo un giro in bicicletta. Come avevano fatto anche la scorsa estate, attraversando l’Italia.
La morte di Cala ha lasciato tutti sgomenti. Il mondo degli appassionati di montagna piange l’alpinista, gli amici (tantissimi!) non ci credono ancora. Perchè Cala era uno a cui era impossibile non voler bene: sorridente, con gli occhi vispi e sempre accesi, e una semplicità rara.
Cala Cimenti era tra gli alpinisti e sciatori estremi italiani più conosciuti al mondo. Non è mai riuscito a resistere al richiamo delle montagne (la prima volta sul Bianco risale a quando aveva 10 anni), ed era stato conquistato dallo sci estremo, disciplina nella quale eccelleva. Nel 2015 era stato il primo al mondo a scendere con i suoi assi il Communism Peak nell’ex Unione Sovietica (7.495 metri) e aveva ricevuto in seguito il riconoscimento Snow Leopard, onoreficenza concessa dalla Federazione Alpinistica Russa a quegli atleti che completano la rosa dei 7.000 dell’ ex Unione Sovietica (Pik Lenin, Pik Khan Tengri, Pik Korjenekaya, Pik Pobeda, Pik Communism). Nel suo palmarès figurano anche record di velocità, come l’Ama Dablam in solitaria in 26 ore nel 2010.
Nel 2011 è stato il primo italiano a scendere il Manaslu con gli sci e nel 2017 ha raggiunto la cima del Dhaulagiri (8167m). Nel 2018 la discesa integrale del Laila Peak, 6.096m nel Karakorum. L’impresa che gli ha dato più soddisfazione è stata, forse, la discesa del Nanga Parbat, sempre con gli sci, nel 2019. Di fondamentale importanza il suo ruolo nel salvataggio del medico e amico Francesco Cassardo al Gasherbrum VII.

La bici, la montagna, lo sci… Da qualche tempo anche il parapendio. Volare lo faceva sentire libero. Disegnava nel cielo con la vela, come faceva con gli sci utilizzando la neve immacolata a mo’ di tela. Dopo la discesa con gli sci dal Manaslu, in una intervista aveva affermato “vi assicuro che sciare a contatto con il cielo è qualcosa di indescrivibile.”
E a noi piace ricordarlo così, mentre con il sorriso largo che si apre sotto alla barba ispida, scia tra le nuvole, questa volta davvero a contatto con il cielo.
Tra gli sponsor che ne piangono la scomparsa anche Ferrino, Mammut, Elan, Atk, Masters, Garmin.
Anche la redazione di Sport Press si stringe alla famiglia e agli amici più cari.
Tatiana Bertera