In occasione di ISPO Munich 2020 e della presentazione dell’Advanced Mountain Kit, ci siamo confrontati con Scott Mellin, global gm mountain sports, su passi compiuti da The North Face negli ultimi anni e sulle ambiziose sfide future che attendono il brand.

Prima di tutto, possiamo dire che la grande novità presentata a ISPO, l’Advanced Mountain Kit, è un “game changer” nel campo dell’alpine climbing?
Assolutamente sì. 21 nuovi prodotti, cinque nuove tecnologie e un sistema da capo a piedi per l’alpine climbing che possiamo definire una vera e propria rivoluzione per chi pratica questa attività. Oltre che il coronamento di un progetto che per noi è partito oltre tre anni fa.
Ci racconti il percorso che vi ha portato al suo sviluppo?
Nel 2016 abbiamo iniziato a pensare che quanto avevamo fatto fino a quel momento stesse diventando obsoleto. Troppo caldo, troppo ingombrante, troppo pesante. E così volevamo realizzare qualcosa di più moderno, che fosse modulare, che permettesse ai climber di tenere sotto controllo le variazioni di temperatura, traspirabilità, impermeabilità e tutte le condizioni specifiche che si presentano nella pratica di quest’attività.
Da dove siete partiti?
Per riuscire a fare tutto questo siamo partiti da una base, ovvero definire in cosa consiste esattamente l’attività del climber. Quanta energia ci vuole per scalare una parete con ramponi, scarponi da 8mila metri e zaino da 50 litri completamente riempito? Quanta ne serve in più in un contesto estremo come quello dell’Himalaya, rispetto a uno più “tradizionale”? Abbiamo fatto degli esperimenti sul campo e siamo riusciti a calcolare che un’attività del genere comporta circa il 63% di dispendio energetico in più del normale. E questo ci ha dato una base da cui partire. Lavorando per avvicinarci più possibile alla totale eliminazione dei fattori di inefficienza, siamo quindi riusciti a ottenere una riduzione del 21%. Un risultato che abbiamo raggiunto grazie a un minor peso, ingombro e attrito tra i materiali e i sistemi di stratificazione. La modularità dei capi, poi, consente ai climber di ottimizzare il proprio kit col massimo della flessibilità, in base alla velocità con cui scalano, alla temperatura esterna, alle condizioni atmosferiche e alle loro preferenze.
Qual è stato il fattore chiave in questo processo?
La combinazione del lavoro di due diverse squadre. Abbiamo coinvolto in questo progetto i climber David Lama e Jess Roskelley, insieme a Hervé Barmasse, David Göttler, Andres Marin e Hansjörg Auer. Sei atleti che hanno collaborato, divisi in due diversi team, testando sul campo e valutando i prototipi. La linea che abbiamo presentato a Monaco credo sia il decimo sviluppo dei nostri prototipi – e questo rende l’idea di quanto lavoro, quante prove, quanti test e quanti perfezionamenti sono serviti per arrivare alla soluzione finale.
In che modo hanno lavorato i due team e con quali obiettivi?
Le due squadre erano state formate in base ai due diversi stili di arrampicata, speed e technical alpine climbing, e quindi ai due diversi approcci alla stessa montagna. Volevamo essere sicuri di arrivare alla soluzione ideale per entrambi gli stili.
Possiamo dire che dalla presentazione di FutureLight, nel 2019, The North Face ha intrapreso una nuova direzione?
Abbiamo dato una nuova direzione all’innovazione. Per me innovazione vuol dire mettere gli atleti nella condizione di svolgere davvero al meglio la loro attività, sviluppando dei prodotti che creino un gap significativo tra The North Face e i nostri competitor. Da quando sono entrato in azienda, nel gennaio del 2017, credo di aver portato in dote una nuova vision per le attività in alta quota. Io credo che sia proprio in questo contesto, infatti, che un brand deve costruire la propria credibilità, e perciò ho ritenuto fondamentale lo sviluppo di linee da sci, snowboard e climbing che rappresentassero l’élite dei rispettivi segmenti. Sapevamo che trovare la giusta combinazione tra questa visione e le caratteristiche di The North Face sarebbe stato un fattore chiave per la credibilità del brand.
Credi che siate riusciti a creare il gap tra The North Face e i competitor? Come?
Sì, e credo che sia stato fondamentale, innanzitutto, realizzare prodotti diversi ed esclusivi. La maggior parte dei brand di questo settore acquista tessuti, materiali e tecnologie dall’esterno, e quindi c’è poca differenza tra i vari prodotti presenti sul mercato. Noi invece produciamo le nostre tecnologie e i nostri tessuti, e questo ci garantisce straordinarie possibilità. Inoltre, credo sia stato altrettanto importante anche il modo in cui abbiamo deciso di comunicare queste cose.
Anche nel marketing è stata intrapresa una nuova direzione?
Sicuramente. Per molto tempo siamo stati focalizzati sul brand marketing, con programmi come “She Moves Mountains” e “Walls Are Meant For Climbing”, ma forse non eravamo molto creativi nel product marketing e nella comunicazione al consumatore dei benefit garantiti dai nostri prodotti. Con l’introduzione di FutureLight abbiamo avuto la possibilità di cambiare radicalmente la nostra strategia di comunicazione, concentrandoci maggiormente sul product marketing. E questo cambiamento ha davvero funzionato. Non si è trattato soltanto di dare visibilità a questa innovazione e rendere FutureLight “famosa” in poco tempo, ma anche di dare slancio immediato al retail. Abbiamo registrato, infatti, dei risultati in straordinaria crescita nel nostro volume di vendite e questo ci ha reso maggiormente consapevoli che lo storytelling e la comunicazione legati al prodotto sono una componente fondamentale per il successo.
Parlando invece di sostenibilità, i capi in FutureLight vengono prodotti con particolare attenzione all’ambiente. Quanto è importante questo aspetto per l’azienda e quali sono gli obiettivi per il futuro?
The North Face è di proprietà di VF Corporation, che incentiva tutti i brand del proprio portfolio a lavorare duro per raggiungere ambiziosi obiettivi di sostenibilità in diverse fasi del proprio processo produttivo. Nelle ultime collezioni che abbiamo presentato, ci siamo sforzati per un utilizzo sempre più ampio di materiali riciclati. Nel 2016, infatti, solo il 7% dei nostri prodotti era realizzato con materiale riciclato; una percentuale che è salita al 70% per l’attuale collezione e che vogliamo portare presto al 90%. É molto difficile arrivare al 100%, soprattutto per quanto riguarda componenti come zip e finiture, ma stiamo lavorando per riuscirci. E lo stesso vale per il packaging, altro ambito in cui stiamo adottando nuove strategie. Tutte queste sono sfide estremamente importanti. Perché, alla fine, chi non riuscirà a essere un “campione” nei confronti dell’ambiente, non può avere prospettive in questo settore. Dobbiamo avere cura delle montagne, altrimenti cosa scaleremo? Dobbiamo essere responsabili nei confronti dei ghiacciai, altrimenti cosa ne sarà dell’alpine climbing? Essere consapevoli di tutto questo, e super-responsabili, è una necessità.
La sfida più difficile è sposare queste responsabilità con le esigenze di performance, giusto?
Sicuramente, ma credo che FutureLight sia la dimostrazione che si può riuscire a combinare la sostenibilità con prestazioni e tecnologie all’avanguardia. E questo deve essere d’esempio: se lo possiamo fare noi, tutti dovrebbero esserne in grado. Solo che è molto più difficile riuscirci, se non si è direttamente produttori dei propri materiali…
Ti senti orgoglioso del lavoro svolto in questi anni con The North Face?
Con le ultime collezioni e in particolare con l’Advanced Mountain Kit credo che abbiamo davvero creato dell’innovazione e in un certo senso abbiamo preso di sorpresa il mercato. Non ci siamo mai accontentati, abbiamo preso ogni traguardo raggiunto come un punto di partenza e la cosa bella è che ci siamo sempre divertiti nel farlo. Davvero. Ci siamo resi conto di quanto sia incredibile quello che puoi realizzare unendo le persone giuste e la visione giusta. Sì, sono molto orgoglioso della macchina che siamo riusciti a creare e di come sta funzionando.
È cambiata The North Face dal 2017 ad oggi?
Sì, onestamente credo sia cambiata molto. Il team esecutivo, innanzitutto, è completamente nuovo, ad esclusione del nostro CFO – che, lo voglio dire, è straordinario, il miglior CFO con cui abbia mai lavorato! Tutte le nuove figure nel team esecutivo e tutte le persone estremamente competenti presenti in azienda hanno garantito un’energia incredibile. A guidare il lavoro di tanti team diversi – quelli coinvolti nella progettazione e nello sviluppo delle varie tipologie di prodotto – c’è sempre stata, in ogni passaggio, una visione comune, che è la cosa di cui siamo più orgogliosi. E l’Advanced Mountain Kit è la prova di quello a cui può portare l’unione di tante squadre che danno il 100% nel proprio lavoro e sposano gli stessi principi.
L’intervista completa sul numero 3 di Outdoor Magazine.